domenica 17 novembre 2019

"DISSE ANCHE QUESTA PARABOLA PER ALCUNI CHE CONFIDAVANO IN SE STESSI" Lc 18, 9-14


3 commenti:

  1. Antifona
    Benedici il Signore, anima mia,
    non dimenticare tutti i suoi benefici:
    egli perdona tutte le tue colpe. (Sal 102,2-3)

    Colletta
    O Dio, nostro Padre,
    che nella celebrazione della Quaresima
    ci fai pregustare la gioia della Pasqua,
    donaci di contemplare e vivere
    i misteri della redenzione
    per godere la pienezza dei suoi frutti.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.

    Prima Lettura
    Voglio l'amore e non il sacrificio.
    Dal libro del profeta Osèa
    Os 6,1-6

    «Venite, ritorniamo al Signore:
    egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.
    Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.
    Dopo due giorni ci ridarà la vita
    e il terzo ci farà rialzare,
    e noi vivremo alla sua presenza.
    Affrettiamoci a conoscere il Signore,
    la sua venuta è sicura come l'aurora.
    Verrà a noi come la pioggia d'autunno,
    come la pioggia di primavera che feconda la terra».
    Che dovrò fare per te, Èfraim,
    che dovrò fare per te, Giuda?
    Il vostro amore è come una nube del mattino,
    come la rugiada che all'alba svanisce.
    Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti,
    li ho uccisi con le parole della mia bocca
    e il mio giudizio sorge come la luce:
    poiché voglio l'amore e non il sacrificio,
    la conoscenza di Dio più degli olocàusti.

    Parola di Dio.

    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 50 (51)

    R. Voglio l'amore e non il sacrificio.
    Oppure:
    R. Tu gradisci, o Dio, gli umili di cuore.

    Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
    nella tua grande misericordia
    cancella la mia iniquità.
    Lavami tutto dalla mia colpa,
    dal mio peccato rendimi puro. R.

    Tu non gradisci il sacrificio;
    se offro olocàusti, tu non li accetti.
    Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
    un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.

    Nella tua bontà fa' grazia a Sion,
    ricostruisci le mura di Gerusalemme.
    Allora gradirai i sacrifici legittimi,
    l'olocàusto e l'intera oblazione. R.

    Acclamazione al Vangelo
    Gloria e lode a te, o Cristo!

    Oggi non indurite il vostro cuore,
    ma ascoltate la voce del Signore. (Cf. Sal 94 (95), 8ab)

    Gloria e lode a te, o Cristo!

    Vangelo
    Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, a differenza del fariseo.
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 18,9-14

    In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
    «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
    Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo".
    Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore".
    Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

    Parola del Signore.

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    1. PAROLE DEL SANTO PADRE
      La parabola insegna che si è giusti o peccatori non per la propria appartenenza sociale, ma per il modo di rapportarsi con Dio e per il modo di rapportarsi con i fratelli. I gesti di penitenza e le poche e semplici parole del pubblicano testimoniano la sua consapevolezza circa la sua misera condizione. La sua preghiera è essenziale. Se il fariseo non chiedeva nulla perché aveva già tutto, il pubblicano può solo mendicare la misericordia di Dio. E questo è bello: mendicare la misericordia di Dio! Presentandosi “a mani vuote”, con il cuore nudo e riconoscendosi peccatore, il pubblicano mostra a tutti noi la condizione necessaria per ricevere il perdono del Signore. Alla fine proprio lui, così disprezzato, diventa un’icona del vero credente. (UDIENZA GENERALE, 1° giugno 2016)

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  2. FAUSTI - In questo dittico abbiamo due modelli di fede e di preghiera.
    Da una parte il fariseo, che prega davanti al proprio io. Sicuro della propria bontà , giustifica sé e condanna gli altri.
    Dall'altra il pubblicano, che, sentendosi lontano da Dio e non potendo confidare in sé, si accusa e invoca perdono.
    Simile a quella dei lebbrosi e del cieco, è la preghiera che purifica e illumina, introducendo a Gerusalemme.
    E' una supplica con due poli : la misericordia Sua e la miseria mia.
    L'umiltà è l'unica qualità in grado di attirare l'Altissimo : fa di me un vaso, che, svuotato dall'io, può essere riempito di Dio.
    Questa preghiera di pubblicano sarà la mia quando scoprirò il mio peccato di fariseo.
    Non si ritiene un peccatore, ma “il” peccatore, “il più responsabile di tutti”.
    I rimanenti sono per lui,a differenza che per il fariseo, tutti giusti.
    Tutti i personaggi del Vangelo di Luca sono riconducibili a queste due figure , che rappresentano rispettivamente l'impossibilità e la possibilità della salvezza.
    Anzi più esattamente : noi cristiani seri siamo tutti fratelli gemelli del fariseo, il presunto giusto, che Gesù vuol convertire in reo confesso, perchè accolga la grazia.
    Gesù svela al fariseo com'è, mettendogli davanti uno specchio : il pubblicano , nel quale non vuole riconoscersi, è la parte profonda del suo io che non accetta.
    Il Vangelo di Luca incoraggia questo riconoscimento in modo scandaloso , condannando il giusto e giustificando il peccatore.
    Il giusto è condannato perchè, nello sforzo di osservare le prescrizioni della Legge, trascura il comandamento da cui scaturiscono : l'amore di Dio e del prossimo.
    Il peccatore invece è giustificato.
    Questo è il vero scandalo del Vangelo , che ci permette di accettare la nostra realtà di peccatori in quella di Dio che ci ama senza condizioni - non per i nostri meriti, ma per il Suo Amore di Padre.
    La fede e la preghiera che introducono nel Regno si fondano su questa umiltà fiduciosa , frutto della nuova conoscenza di sé e di Dio
    Infatti , senza umiltà, la preghiera è dell'io e non di Dio , la fiducia è in sé e non in Lui.
    La prima è autoglorificazione , la seconda presunzione.
    Questo racconto ci aiuta a discernere sulla nostra preghiera.
    Questa è vera quando, riconoscendoci nel fariseo, facciamo nostra la preghiera del pubblicano.
    L'umiltà che Luca richiede ad ogni credente è quella di riconoscere la propria umiliante superbia di fariseo.

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"PACE A VOI ! " Lc 24, 35-48